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Nutrienti, Patologie, Terapia dietetica

Strategie nutrizionali in corso di diabete felino.


mercoledì 11 novembre 2020


Strategie nutrizionali in corso di diabete felino

Il diabete mellito rappresenta un endocrinopatia comune nella specie felina, con una prevalenza in costante aumento. A differenza del cane, il gatto è più frequentemente colpito dal diabete mellito di tipo II, caratterizzato da insulinoresistenza e da alterazione della funzione delle cellule beta del pancreas. Queste due disfunzioni sono strettamente legate tra loro portando ad un autoperpetuarsi della malattia

L'insulinoresistenza periferica, infatti, comporta uno stato di iperglicemia "costante" a cui consegue una iperstimolazione del pancreas a produrre insulina e un aumento dello stress a carico delle cellule beta del pancreas. Questo stato di stress "cronico" associato alla glucotossicità, portano, con il tempo, alla distruzione delle cellule beta e all'esaurimento della loro attività. Di conseguenza esse non saranno più in grado di produrre una quantità sufficiente di insulina, portando allo sviluppo di un diabete mellito conclamato.

A favorire la distruzione delle cellule beta pancreatiche sembra contribuire anche lo stato di iperamilinemia presente nelle forme iniziali di diabete mellito felino. L'amilina, infatti, viene generalmente co-sintetizzata e co-secreta in parallelo alla produzione di insulina da parte delle cellule beta. L'elevata concentrazione di glucosio ematico, iperstimolando le cellule pancreatiche, porta, non solo ad uno stato di iperinsulinemia, ma anche di iperamilinemia. Quest'ultima, favorendo la deposizione nel pancreas di amilina felina sottoforma di sostanza amiloide, induce lo sviluppo di un'amiloidosi a carico degli isolotti pancreatici con conseguente perdita progressiva di cellule beta e, con il progredire della patologia, ad un'incapacità di queste ultime di produrre sia insulina che amilina.

Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo del diabete mellito felino rientra sicuramente l'obesità. Essa infatti nella specie felina, come nell'uomo, è direttamente associata all'insulinoresistenza periferica, dovuta all'aumento di leptina, di TNF-Alfa e interleuchina 6 e alla diminuzione di adiponectina.

L' insulinoresistenza indotta dall'obesità, se trattata in tempo, sembra essere reversibile. Di conseguenza, se il gatto diabetico risulta essere anche obeso, la terapia deve sempre comprendere anche la riduzione del peso corporeo.

Infatti, una delle caratteristiche del diabete felino, a differenza di quello canino, è la sua possibile reversibilità. Alcuni gatti affetti da diabete possono, in seguito ad una adeguata terapia medica e dietetica, andare incontro ad una completa remissione dei sintomi e a una normalizzazione dei livelli di glucosio ematico. Il meccanismo attraverso il quale si riesca ad avere questa remissione in alcuni soggetti e in altri no non è, ad oggi, ancora chiarito ma sembra essere in parte legato alla precocità con cui il diabete viene diagnosticato e trattato. A seconda degli studi effettuati si parla di una percentuale di gatti che vanno incontro a remissione variabile tra il 20 e l'80%.

Il trattamento del diabete nel gatto prevede, oltre ad una terapia ipoglicemizzante, anche un'alimentazione specifica per questa patologia. In alcuni gatti, soprattutto se la diagnosi di diabete è stata tempestiva, la terapia dietetica non solo aiuta a migliorare il controllo della glicemia, ma permette addirittura di eliminare la terapia insulinica.

Di seguito analizziamo i fattori nutrizionali chiave che deve avere un piano alimentare per gatti diabetici.

I principali obiettivi di un trattamento nutrizionale dei gatti diabetici sono il controllo del peso corporeo, il controllo della glicemia e della risposta insulinica, nonché la stimolazione della secrezione di insulina endogena in quantità corretta.

Il punto di partenza deve essere sempre la valutazione del BCS e il calcolo del fabbisogno energetico corretto dell'animale. Se esso è in forte sovrappeso sarà necessario inserire un fattore di correzione del fabbisogno con lo scopo di far perdere peso all'animale.

A questo punto bisognerà scegliere le caratteristiche che deve avere il piano nutrizionale e gli alimenti da inserire all'interno di esso.

In linea generale la dieta più adatta ad un gatto diabetico sembra essere caratterizzata da un elevato tenore proteico (almeno il 45% di calorie assunte dovrebbe essere fornito attraverso le proteine) e povera di carboidrati (< 20% delle calorie).

Le proteine dovrebbero attestarsi tra il 28 e il 55% su S.S., mantenendosi sul valore più elevato quando l'animale non presenta altre patologie che necessitino una limitazione dell'apporto proteico.  Ovviamente sono da preferire proteine ad elevata digeribilità e ad alto valore biologico.

I carboidrati dovrebbero essere ridotti al minimo, evitando l'assunzione di amidi e zuccheri semplici. Nonostante alcuni studi suggeriscano che la scelta del tipo di carboidrato influenzi in maniera meno rilevante la risposta glicemica e insulinica nel gatto rispetto che nel cane e nell'uomo, se nella dieta c'è la necessità di inserire una fonte di carboidrato è sempre meglio prediligere fonti a basso indice glicemico, evitando per esempio il riso. Il mais nonostante non rientri tra i carboidrati con il maggior indice glicemico, in uno studio effettuato sui gatti, sembra essere stato l'unico delle sei fonti di carboidrato testate ad aver indotto un aumento della glicemia rispetto ai valori basali.

Per quanto riguarda il quantitativo di fibra da inserire nella dieta, gli studi effettuati fino ad oggi non hanno chiarito fino in fondo se la fibra possa avere un ruolo chiave anche nella gestione del diabete del gatto. Infatti, se alcuni studi sembrano evidenziare un miglioramento della glicemia in animali che consumano diete contenenti maggiori quantità di fibra, altri hanno mostrato un miglioramento della glicemia anche in animali alimentati con diete relativamente povere di fibra, purché esse contenessero anche alti livelli di proteine e ridotte quantità di carboidrati. In linea generale l'utilizzo di fibra solubile porta ad un rallentamento dello svuotamento gastroenterico e una riduzione nell'assorbimento di glucosio. Ma se queste caratteristiche rendano il loro utilizzo fondamentale negli alimenti destinati ai gatti diabetici è ancora da dimostrare. Anche perché un eccessivo utilizzo di fibra può ridurre la capacità di assorbire anche altri nutrienti, fondamentali per l'organismo. Le indicazioni attuali consigliano di mantenere il livello di fibra compreso tra il 5 e il 10% su S.S. in un piano alimentare per gatti diabetici.  La scelta sul quantitativo da inserire può dipendere anche dal BCS dell'animale e dalla concomitante presenza di obesità.

Se l'animale deve dimagrire inserire un quantitativo leggermente più elevato di fibra può aiutare a mantenere più bassa la densità energetica della dieta e favorire la perdita di peso. Anche per limitare la quantità di lipidi da inserire nella dieta.

Infatti, se la dieta deve essere povera di carboidrati, la restante parte di calorie non somministrata con le proteine può essere somministrata solo attraverso l'utilizzo di lipidi. Ma spesso gli animali affetti da diabete presentano una concomitante alterazione nel metabolismo dei grassi. È altrettanto vero che nel gatto non è mai stato dimostrato un legame tra un elevato quantitativo di grassi nella dieta e lo sviluppo di pancreatiti e che, in linea generale, la specie felina "sopporta" meglio elevati tenori di grassi nella dieta rispetto al cane. La scelta della percentuale di grassi da inserire nella dieta deve perciò essere valutata con attenzione in base al soggetto, al suo BCS, all'eventuale innalzamento dei valori di trigliceridi e colesterolo nel sangue e al consumo di grassi effettuato fino a quel momento. Nella maggior parte dei casi è bene evitare di superare il 25% su S.S. Anche la scelta della fonte lipidica deve essere valutata con cura, evitando l'uso esagerato di acidi grassi saturi e considerando invece l'utilizzo di omega 3. Tuttavia, sull'utilizzo di questi acidi grassi in gatti diabetici gli studi sono davvero molto limitati.

Dopo aver scelto gli alimenti da inserire nel piano nutrizionale e i tenori analitici che esso deve avere è importante, nel caso di un'alimentazione casalinga, aggiungere un integrazione mineral-vitaminica per riuscire a soddisfare tutti i fabbisogni minimi indicati da FEDIAF per un gatto adulto.

Gli studi effettuati fino ad oggi su un ulteriore supplementazione (oltre a quella necessaria per coprire i fabbisogni) di alcuni minerali come lo zinco, il cromo, il manganese o il selenio non sono riusciti a dimostrare con chiarezza i reali benefici in un animale diabetico.

È importante effettuare controlli frequenti degli elettroliti attraverso esami ematochimici poiché la glicosuria e la chetonuria possono indurre la perdita di alcuni elettroliti come il sodio, il potassio, il calcio, il fosforo o il magnesio. Nel caso in cui ci fossero delle carenze di uno, o più di questi elementi, essi dovrebbero essere somministrati attraverso dei fluidi per riportare i valori sierici ai livelli corretti.

Infine, può essere utile valutare un eventuale integrazione con sostanze antiossidanti.

Nonostante, ad oggi, gli studi suoi possibili benefici di questi composti in un gatto diabetico siano ancora molto limitati, è noto che la glucotossicità indotta da iperglicemia cronica causi uno stress ossidativo con aumento dei ROS e di conseguenza un danno cellulare, anche a livello delle cellule pancreatiche. Ciò fa pensare che l'utilizzo degli antiossidanti possa rivelarsi utile anche in questa patologia.

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